Spezie ed erbe sono ingredienti molto diversi tra loro e richiedono particolare cura ed attenzione in ogni fase della lavorazione. Per questo, quando ci viene rivolta la domanda se è preferibile acquistarle intere e macinarle in casa oppure comperarle già polverizzate, non possiamo e non vogliamo dare una risposta univoca. Dipende infatti da molti fattori. Sicuramente sarebbe importante conoscere bene l’azienda produttrice, per capire se ci si può fidare o meno di acquistare il prodotto già polverizzato.
Come prima cosa, è necessario mettere un po’ di ordine, fugare alcuni dubbi ed eliminare certe fole che girano spesso in internet, tipo quella che le spezie possono essere tutte macinate con la mola a pietra. In ogni caso una risposta certa la possiamo dare fin da subito: non esistono molti strumenti che permettano la macinazione home made, soprattutto se non si vuole o non si può spendere molto.
Colore, aspetto, gusto e profumo sono sempre stati elementi fondamentali per definire una materia prima di una certa qualità: si parla, in questo caso, di profilo sensoriale.
Le spezie si distinguono dagli altri vegetali per i loro, specifici, contenuti aromatici. Anche noti come “essenze”, gli oli essenziali si caratterizzano per la presenza di sostanze volatili che conferiscono al prodotto odori e profumazioni di intensità variabili dipendentemente dalla quantità e dalle loro intrinseche qualità. Essi possono essere presenti in differenti parti della pianta: in alcuni casi sono concentrati nelle foglie, in altri nei frutti o nelle bucce, in altri ancora all’interno dei fiori o addirittura nelle radici.
Tutte le fasi della lavorazione delle spezie sono fondamentali per non violentarne, letteralmente, l’essenza e per ottenere, invece, un prodotto finito eccellente e dal profilo sensoriale intatto: dalla coltivazione, alla raccolta fino al confezionamento. La fase più delicata e determinante, una volta acquisite le merci, è indubbiamente la trasformazione; in questo caso possiamo proprio parlare di arte molitoria!
Cominciamo con il fornire velocemente una spiegazione del termine macinazione: un concetto apparentemente semplice, ma non così banale. Si tratta di un processo di riduzione controllato della granulometria di un materiale solido. È necessario sin da subito operare un distinguo tra macinazione e frantumazione.
Lo scopo della macinazione è di ottenere un prodotto abbastanza omogeneo con precise caratteristiche granulometriche. Diverso dalla macinazione è il processo di frantumazione, in cui ciò che si cerca è unicamente la riduzione di granulometria e possono essere quindi presenti, nel prodotto in uscita, pezzi di dimensioni anche notevolmente diverse tra loro. Se la misura della polvere ottenuta è prossima ad un micron si usa più specificatamente il termine di micronizzazione. Quando le misure sono superiori si parla di polverizzazione (100 µm) e di frantumazione (5-10 mm).
Generalmente quello che si riesce ad ottenere in casa è un prodotto frantumato, se ovviamente non ci procuriamo anche una serie di setacci con luce diversa. La luce indica la larghezza della maglia filtrante.
Non va dimenticato che per ottenere una buona macinazione è opportuno svolgere prima alcune operazioni di pulizia, atte ad eliminare corpi estranei e a calibrare le materie prime, intervento quest’ultimo di basilare importanza in particolar modo per il pepe, qualora si volesse spezzare e non propriamente macinare o polverizzare. Solo calibrando il pepe è possibile ottenere, infatti, le classiche misure utilizzate nella salumeria italiana, anche casalinga: 1/2 grano, 1/4 di grano, 1/6 di grano, 1/8 di grano, 1/16 di grano e così via. A titolo esemplificativo: il disciplinare della Sopressa DOP di Vicenza prevede l’utilizzo del pepe “tagliato” 1/4 di grano.
La pulitura delle spezie avviene con svariate tecniche, a volte combinate tra loro, ognuna con il compito di rimuovere impurità specifiche. Tra le attrezzature più utili ricordiamo il vibroseparatore o vibrovaglio che permette di raggiungere più di un obiettivo: si tratta molto semplicemente di un crivello meccanico che vibra. Impilando setacci di luce diversa si ottengono più separazioni con un unico passaggio. Naturalmente i vagli devono essere ordinati, in base alla luce, dal più sottile al più largo, partendo dal basso. In questo modo il primo setaccio elimina la polvere, più sopra le piccole impurità, per arrivare via via al prodotto buono per la macinazione.
Importantissimi sono i tunnel di ventilazione, dove forti flussi d’aria rimuovono tutte le parti leggere come pagliuzze, foglioline e stecchetti. Si utilizzano poi i separatori magnetici, per togliere dalla materia prima grezza eventuali elementi metallici di tipo ferroso.
Infine, la cosiddetta serpentina, utile solo per le spezie di forma sferica, consente di eliminare sassolini, piccioli, fogliette e bacche rotte sfruttando la gravità e la forza centrifuga.
Una volta ultimate le fasi di pulizia i vari prodotti possono essere macinati.
Per la cannella, sia Cassia che Regina, impieghiamo un’antica mola di pietra che rappresenta da sempre un vero fiore all’occhiello del nostro reparto. La tecnologia di macinazione a pietra si basa su conoscenze risalenti alla fine del XVIII secolo, poco prima che iniziasse ad evolversi la macinazione a cilindri.
Nel nostro caso, si tratta di due imponenti ruote in granito del diametro di due metri e del peso di circa 2000 kg ciascuna. Sono azionate da un motore elettrico e pestano letteralmente la cannella. Nel mulino a pietra si esercita una forte azione di pressione e di sfregamento in un’unica soluzione, ottenendo così una polvere grezza che deve essere poi vagliata. Per questo, dopo la macinazione, il prodotto viene convogliato tramite una coclea nel buratto che la setaccia. Se ne ricava una polvere sottilissima, inferiore a 200 micron. Il processo è molto lento: servono circa sei, sette ore per ottenere 50 kg scarsi di polvere di cannella fine!
Anche disponendo di molte mole a pietra, non potremmo macinare tutte le spezie con questa tecnica in quanto esse, per loro natura, si comportano in maniera molto diversa alle sollecitazioni meccaniche ed in particolare allo schiacciamento. Sono costituite, infatti, da tipi diversi di oli essenziali, ne contengono in percentuali differenti ed ognuna ha un’umidità più o meno elevata; infine, nelle spezie, possono essere presenti sostanze zuccherine in quantità variabili. Tutte queste componenti influenzano fortemente il processo per cui, in taluni casi, la polvere tende ad impaccarsi, può bloccare l’impianto e, in casi limite, bruciare i motori. Proviamo a pensare di voler macinare il ginepro, il macis o la noce moscata con la tecnica appena descritta: più che una polvere otterremo probabilmente una pasta, impossibile poi da crivellare.
Esistono in commercio strumenti a pietra di dimensioni contenute, anche per uso domestico, ma non li conosciamo a fondo. Soprattutto non sappiamo quale sia la potenza del motore, per cui non ne possiamo valutare l’efficacia. Possiamo solo affermare con certezza che la cannella è molto coriacea e che quindi va polverizzata in quantità assai ridotte, altrimenti rimane molto grossolana. È opportuno poi setacciare la polvere ottenuta per separare i granuli troppo grossi, i quali possono essere successivamente rimacinati.
Le cannelle potrebbero essere macinate anche con i mulini a martello. In questo caso però lo stress meccanico, fornito dall’elevata velocità del gruppo macinante, porterebbe buona parte dell’olio essenziale – non a caso definito anche olio volatile – ad evaporare.
Per questo motivo suggeriamo, in casa, di utilizzare un mortaio di pietra e di setacciare quanto ottenuto. Meglio evitare generici trita granaglie o mulinetti elettrici che tendono a surriscaldare il prodotto.
Con il mulino a cilindri possiamo dare carattere e personalità spiccate a sua Maestà il Pepe, sia nero che bianco.
Questo tipo di mulini è stato impiegato per molti anni nei cereali e con il suo avvento è migliorata sensibilmente la qualità delle farine. Infatti, anziché essere compresso e disintegrato, il chicco passa attraverso una coppia o una serie di coppie di cilindri rotanti, tutti nella stessa direzione, fabbricati in ghisa dura. Così viene limitato di molto il deterioramento dello sfarinato, poiché non viene più surriscaldato. Circa settanta anni fa abbiamo elaborato un sistema simile adattandolo al pepe.
Detto anche laminatoio o molino a rulli, come descritto sopra, esso è costituito da una o più coppie di tamburi posti con assi orizzontali che ruotano contrapposti, quasi sempre a velocità differenziate. Nel nostro caso i cilindri sono di acciaio e sono rigati in maniera obliqua rispetto agli assi, per avere più presa. La rigatura, che deve essere periodicamente rettificata, perché la buccia del pepe è coriacea, consente di “grattugiare” le drupe. La distanza tra i rulli è registrabile e questo permette di ottenere macinazioni di vario genere, da quelle grossolane a quelle più sottili.
Il mulino a martello è molto utile, invece, per i prodotti con un elevato tenore di olio essenziale, ma molto secchi e fibrosi. E’ costituito da un disco massiccio sul quale sono fissati da 4 a 8 martelli di acciaio con testa in Widia (un materiale con un altissimo grado di durezza, noto anche come Carburo cementato). I martelli, intercambiabili in base ai prodotti e alle granulometrie da ottenere, ruotano all’interno in una carcassa o giara di macinazione, impropriamente detta dagli addetti ai lavori “scocca”. Nella parte periferica della giara, lunga tre quarti del diametro, è installata una corazza con delle sporgenze o placche, mentre nella parte inferiore c’è una griglia di uscita dello spessore della polvere che si vuole produrre. Le spezie entrano dall’alto per mezzo di tramoggia, da un’apertura al centro della “scocca” e nella caduta incontrano i martelli che le lanciano contro la corazza. In questo modo vengono frantumate dai martelli e dalle sporgenze contro cui vanno a sbattere. Solo i granuli che raggiungono le dimensioni dei fori della griglia escono nella bocca di raccolta, gli altri continuano a girare finché non raggiungono le dimensioni volute. In base alle granulometrie che si vogliono ottenere, vengono alloggiate griglie con fori più o meno stretti.
All’interno della giara la temperatura tende a salire, per questo apposite ventole servono a stabilizzarla. La velocità dei giri/motore viene regolata in base alla resistenza e durezza del prodotto che si intende macinare. Per i prodotti più delicati, i martelli vengono sostituiti da coltelli che sono semplicemente dei martelli più sottili; in questo modo la materia prima subisce un minore stress meccanico, dato che le superfici che generano attrito sono inferiori.
Il mulino criogenico, una delle tecnologie più versatili e all’avanguardia nel mondo delle spezie, è di grande ausilio per i prodotti più sensibili alla temperatura. Si tratta sempre di un mulino a martelli, i quali però sono più sottili, sempre per ridurre gli attriti. Il principio è quindi lo stesso, con la grande differenza che la giara criogenica viene raffreddata. Per raggiungere la giara, la merce attraversa ancora una volta delle coclee che vengono esse stesse raffreddate. Durante il percorso, nell’impianto viene immesso dell’azoto con la funzione di abbassare la temperatura del prodotto, congelandolo. Le spezie vengono così cristallizzate e diventano molto fragili e facili da polverizzare. La criomacinazione non modifica le proprietà biochimiche delle materie prime, perché non surriscalda il prodotto ed evita lo sviluppo di reazioni ossidative: i componenti volatili vengono completamente preservati dalle basse temperature.
Alla fine di ogni processo di macinazione è prevista una setacciatura finale per rendere omogeneo il prodotto. Questo è un suggerimento che ci sentiamo di caldeggiare anche a casa a chi deve utilizzare le polveri in preparazioni dove eventuali granuli risulterebbero sgraditi.
Speriamo di aver fatto un po’ di chiarezza sulla complessità degli interventi necessari per far sì che la macinazione non diventi un momento di svilimento di questi delicati doni della natura e soprattutto sulla gentilezza di cui ci si deve dotare perché essi continuino ad essere quei gioielli che realmente sono.
Bandite frullini e tritatutto e fornitevi di mortai, setacci e tanto, tanto olio di gomito, conservando la consapevolezza che certi risultati, a casa, difficilmente possono essere raggiunti.
Ci vuole perizia ed arte per trasformare le spezie, vere e proprie eccellenze della natura, in polveri e miscele che ne conservino l’essenza.